differenza tra Società civile e Stato
Natura e
caratteristiche della società civile
di Salvador Giner
L'analisi delle concezioni classiche della società civile fa nascere alcune
domande.
La società civile esiste?
È stata mai un'unità storica identificabile?
È un concetto utile?
Non solo le interpretazioni differiscono
le une dalle altre, ma quasi tutte trattano della società civile con notevole
imprecisione.
Forse però tale imprecisione è
sintomatica della natura di quanto descritto, più che un riflesso di possibili
negligenze da parte dei suoi interpreti. In forte contrasto con le frontiere
ben delineate dell'entità a essa 'opposta', lo Stato, quelle della società
civile sono condannate a rimanere incerte. Per lo Stato, la demarcazione è
fondamentale.
Per la società civile, fondamentale è
l'ambiguità (quella che scaturisce da un certo
genere di libertà).
E nonostante i problemi a cui dà luogo l'identificazione della società civile
con il regno della libertà individualistica e competitiva, non si può
facilmente fare a meno della nozione che la denota (e di tutto ciò che essa
connota). L'ordine liberale a cui essa pienamente appartiene è impensabile
senza una società civile. È la sua stessa essenza, sebbene qualche filosofo
politico si discosti da questa opinione classica. In ogni caso si può tentare
di dare una risposta una volta che possediamo, cioè una definizione
accettabile di società civile;
Iniziamo, tuttavia, con una precisazione empirica: nel 'mondo reale' non
esistono società civili paradigmatiche. Si può solo dire che alcuni paesi si
avvicinano più di altri al modello ideale.
Esistono, tutt'al più, varie società
civili, tutte diverse le une dalle altre. Alcune sono più mature, altre meno.
Così, si dice spesso che l'Inghilterra e gli Stati Uniti possiedano società
civili forti (ma ciò non impedisce che l'espressione si usi in entrambi i paesi
con scarsa frequenza). Al contrario, la Grecia moderna, per esempio, è
solitamente definita una nazione dotata di una società civile debole.
Questa distinzione è stata spesso
utilizzata per interpretare la storia recente dei paesi dell'Europa meridionale
o dell'America Latina, o per caratterizzare determinate regioni (così, la
Catalogna e la Lombardia avrebbero società civili forti; la Sicilia e
l'Andalusia le avrebbero deboli). La società civile debole spiegherebbe
squilibri, dittature e interventismi statali, oltre che endemiche guerre
intestine.
Dal canto loro, molti paesi
extra-occidentali, si suole affermare, sono totalmente privi di una società
civile. Stando così le cose, è ovvio che qualsiasi definizione data sarà
inevitabilmente un tipo ideale.
Quella che segue, così come le cinque
dimensioni che la caratterizzano, vanno intese in tal senso. Inoltre, la
definizione deve considerarsi valida solo per quel periodo storico durante il
quale la civiltà liberale borghese raggiunge il suo apice, senza che né l'espansione
dello Stato assistenziale e interventista né le burocrazie private di grandi
dimensioni (come le compagnie multinazionali) modifichino sostanzialmente i suoi tratti essenziali.
La società civile può essere
definita come quella sfera storicamente costituita di diritti individuali,
libertà e associazioni volontarie, la cui autonomia e reciproca concorrenza nel
perseguimento dei propri interessi e desideri privati sono garantite da
un'istituzione pubblica, chiamata Stato, la quale si astiene dall'intervenire
politicamente nella vita interna del detto ambito di attività umane.
Qualsiasi società civile così
configurata possiede, come minimo, cinque tratti distintivi: individualismo,
privacy, mercato, pluralismo e struttura di classe.
Ciascuno di questi tratti pone un problema esistenziale alla società civile,
ossia genera correnti che lo logorano e che, pertanto, indeboliscono la società
civile stessa.
I riferimenti a queste controcorrenti
hanno lo scopo di frenare qualsiasi eccesso idealistico cui si possa pervenire
nello sforzo di abbozzare il tipo ideale di società civile.
Tratto dalla voce Società civile dell’Enciclopedia Treccani on line
http://www.treccani.it/enciclopedia/societa-civile_(Enciclopedia-delle-Scienze-Sociali)/
Lo Stato moderno
di Gianfranco Poggi
Lo Stato così come si configurava
nell'Europa occidentale prima della prima guerra mondiale è il modello dello
stato moderno. (Alcuni aspetti di quella configurazione, peraltro, erano
presenti anche in altre parti d'Europa, nonché nel continente americano e in
Giappone). Si tratta di un sistema di dominio politico che generalmente ha le
seguenti caratteristiche.
Territorialità. - Il dominio è esercitato
da ciascuno Stato con riferimento a una porzione precisamente delimitata del
globo. Si noti però che la delimitazione stessa è talora oggetto di contesa tra
Stati, e che per alcuni di questi si può distinguere il territorio immediato,
metropolitano, dello Stato, da uno o più territori su cui il dominio è
esercitato a titolo di possesso coloniale.
Unitarietà. - L'esercizio del
dominio pertiene a un complesso di organi che si articola in molteplici uffici,
ma la cui unitarietà si rivela, tra l'altro, nell'esistenza di un organo di
vertice che, quali che ne siano le competenze, rappresenta lo Stato nel suo
insieme. Al di sotto di questo, le varie funzioni di governo (nel senso lato,
che comprende la legislazione e la giurisdizione) fanno capo a insiemi di organi
che, per quanto complessi, a loro volta sono attivati e/o controllati da un
singolo organo (ad esempio, nel caso della giurisdizione, da una corte d'ultima
istanza). Questa unitarietà è compatibile con varie forme di autonomia locale e
con la più avanzata articolazione organizzativa dei domini rappresentata dagli
Stati federali.
Nazionalità. - La popolazione su cui
si esercita il dominio è vista a sua volta come unitaria, in quanto pur nella
sua diversità è attraversata da certe comunanze, variamente (e per lo più
vagamente) definite: di lingua, di religione, di origine etnica, di cultura, di
esperienza storica, di destino, di appartenenza al territorio, di fedeltà a una
dinastia, di solidarietà.
Importanti eccezioni sono rappresentate
dalle popolazioni di Stati espressamente multinazionali, come l'Impero russo e
quello austro-ungarico.
Legittimità democratica. - Il
riferimento alla democrazia come principio fondante dell'esistenza stessa degli
Stati è per lo più esplicito solo a partire dalla prima guerra mondiale, ma è
implicito nell'idea stessa di nazionalità, quanto meno in quelle versioni che
vedono nella nazione non solo l'oggetto del dominio politico, ma anche la base
costituente di esso e la sede ultima della sovranità, e/o propongono l'interesse
nazionale come obiettivo costante (anche se generico e remoto) dell'azione
statale, e in particolare della politica estera.
In ogni caso lo Stato si legittima, vale
a dire giustifica la sua richiesta di obbedienza ai propri comandi, in base
all'assunto che l'investitura di chi esercita il comando proviene, tramite
complesse mediazioni istituzionali (e ideologiche), da coloro stessi a cui si chiede l'obbedienza.
Stato di diritto. - Il
dominio si manifesta precipuamente attraverso la formazione, l'esecuzione e
l'applicazione di leggi, intese come comandi generali e astratti. La validità
di questi comandi si fonda sull'osservanza di procedure fissate da atti o
consuetudini costituzionali e sul rispetto di alcuni principî sostanziali, che
garantiscono certe aspettative degli individui anche nei confronti dell'azione
statale o la impegnano a favorire determinati interessi individuali.
Gli organi incaricati di svolgere le
varie funzioni statali sono istituiti da leggi, che ne regolano le operazioni,
facendone dipendere l'efficacia dall'osservanza di quelle regole.
La corretta esecuzione delle leggi,
quando incidano su legittimi interessi individuali, può essere verificata da
organi giudiziari, siano questi ordinari o speciali.
Leggi o consuetudini costituzionali talora
individuano e circoscrivono una sfera di affari esplicitamente 'politici' -
precipuamente la tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza dello Stato -
nell'affrontare i quali determinati organi statali possono, in condizioni di
emergenza e fino a quando l'emergenza continui, soprassedere a norme che
generalmente ne limitano l'azione.
Società civile. - Lo Stato così
costituito è complementare a un ambito sociale vasto e differenziato, in cui
gli individui perseguono autonomamente interessi privati, precipuamente ma non
esclusivamente di natura economica, impegnando risorse loro proprie e
intrecciando gli uni con gli altri rapporti di natura contrattuale. Il diritto
di proprietà e la disciplina legislativa del contratto sono gli strumenti
essenziali tramite i quali lo Stato garantisce queste attività private, che
avviano una forte dinamica sociale e normalmente danno adito a una divisione
del lavoro entro la popolazione e alla formazione di imprese e di classi.
Ma l'autonomia privata è anche lo
strumento di altre attività individuali che lo Stato garantisce, ma in cui non
si ingerisce direttamente, come quelle relative alla religione, alla cultura,
alla beneficenza, alla cura dell'intimità familiare e dell'amicizia, al tempo
libero.
Le differenziazioni sociali a cui danno
luogo le varie dinamiche della società civile, e i relativi conflitti, sono
normalmente temperati non solo dalla comune soggezione degli individui al
dominio politico esercitato dallo Stato, ma anche dalla loro appartenenza alla
comunità politica della nazione. In altre parole, gli individui si configurano
anche
come cittadini.
Sfera pubblica. - I
principî costituzionali liberaldemocratici permettono alla cittadinanza di
esprimersi attivamente attraverso la pubblica discussione degli affari politici
e della condotta degli organi statali, ma soprattutto attraverso la
rappresentanza politica. La composizione degli organi legislativi (a cui spetta
- in varia misura e attraverso meccanismi diversi - anche l'investitura del
potere esecutivo e l'elaborazione di direttive politiche di massima) varia nel
tempo, e dipende dal successo che incontrano di volta in volta, in occasione di
consultazioni elettorali, gruppi dirigenti che competono gli uni con gli altri
per il suffragio della cittadinanza. Il principio della legittimità democratica
ha quindi una sua convalida periodica nel processo elettorale, che peraltro
sistematicamente divide la cittadinanza, producendo entro l'elettorato
'allineamenti' contrastanti che si riflettono nella formazione di maggioranze e
opposizioni all'interno degli organi rappresentativi.
Soltanto la composizione dell'esecutivo
non riflette la divisione di opinioni e preferenze politiche entro
l'elettorato: l'esecutivo riceve il suo mandato dalla maggioranza, e la sua
attività può essere discussa dall'opposizione.
In ogni caso, la matrice delle politiche
è la politica, intesa come confronto tra concezioni legittimamente contrastanti
dell'interesse pubblico, che concorrono per assicurarsi il pubblico consenso.
L'istituzionalizzazione di questa concorrenza rende la politica degli Stati assai dinamica.
Segregazione istituzionale della violenza
organizzata. - Anche se la violenza organizzata rimane centrale
nella versione statuale dell'esperienza politica, questa tende a renderla relativamente
marginale e occasionale e a rappresentarne l'importanza soprattutto tramite
operazioni simboliche. I ruoli che hanno espressamente a che vedere con la
violenza vengono affidati a specialisti che normalmente li esercitano soltanto
in base a decisioni prese dalle dirigenze politiche e (nel caso della polizia) giudiziarie.
Tratto dalla voce Stato moderno dell’Enciclopedia Treccani on line
http://www.treccani.it/enciclopedia/stato_(Enciclopedia-delle-Scienze-Sociali)/
PUBBLICATO DA CATER